venerdì 31 luglio 2009

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Cina. Lavoratori uccidono a bastonate il loro direttore

Lunedì 27 Luglio 2009 10:44

avoratori in una fabbrica cinese

di Vincenzo Bisbiglia

HONG KONG - “I popoli non dovrebbero aver paura dei propri governi: sono i governi che dovrebbero aver paura dei popoli”. E’ davvero un peccato che questa bellissima frase di Thomas Jefferson, ripresa anche da un film di qualche anno fa dei fratelli Wachosky, non venga più tenuta in questione dall’opulenta e pigra società piccolo-borghese dei giorni nostri. Sicuramente non è stata dimenticata in Cina, dove nonostante i noti risvolti sanguinari dell’applicazione dei dettami maoisti, l’orgoglio popolare raggiunge livelli inimmaginabili nel mondo occidentale.

Tanto che gli operai di un’acciaieria statale cinese sono arrivati ad uccidere a bastonate il loro direttore, infuriati per una raffica di licenziamenti dovuti all’acquisto della struttura da parte di un’altra azienda del settore. Un omicidio che ha di fatto bloccato a tempo indeterminato la vendita della struttura. “Il governo provinciale di Jilin (la provincia dove si trova la fabbrica, n.d.r.) ha deciso di bloccare la fusione - ha reso noto un responsabile -. La polizia ha aperto un'inchiesta sull'omicidio”. L'agenzia di stampa Nuova Cina ha comunicato che l'acquisizione della fabbrica è stata annullata “per impedire alla situazione di aggravarsi”.

La fabbrica in questione è la Tonghua Iron and Steel, della provincia di Jinlin, di proprietà pubblica, e doveva essere acquistata dal gruppo privato Jianlong Steel Holding Company di Pechino. La fusione avrebbe portato al licenziamento di migliaia di operai. Il neodirettore della Tonghua, Chen Guojun, quarantenne, manager della Jianlong, appena arrivato in fabbrica è stato assalito da migliaia di operai inferociti, in seguito per lo stabilimento e ucciso a bastonate e pietrate. I lavoratori hanno poi fatto muro per impedire alla polizia di intervenire e a un'ambulanza di soccorrere Chen.

Il governo di Hu Jintao favorisce da tempo le fusione di aziende siderurgiche, per creare colossi in grado di soddisfare la fortissima domanda di acciaio da parte di un paese in crescita impetuosa. Il processo di razionalizzazione incontra però la forte resistenza dei lavoratori e dei governi locali, preoccupati di perdere posti di lavoro. Sicuramente una forma di protesta estrema e censurabile in una Cina da qualche mese sotto l’occhio del ciclone sul tema del fermento sociale, ma che, d’altra parte, ha ottenuto il suo scopo. Come diceva Mao: punirne uno per educarne cento.

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